Produzione: GB, 2005
Animazione digitale.

Decisamente la resurrezione di Gerry Anderson, nel bene e nel male.
Dopo la produzione di “Space Precinct”, Anderson si era cimentato con un curioso programma decisamente (questa volta sì) per bambini intitolato “Lavender Castle”. Si trattava di un telefilm con pupazzi animati, ma anziché i tradizionali fili delle marionette veniva utilizzata la “stop-motion”. L’ambientazione era alquanto insolita, i

personaggi avevano un aspetto vagamente da animali antropomorfi, o forse alieni, visto che l’ambientazione era a metà strada tra il fantasy con castelli e mostri, e la fantascienza in quanto si svolgeva nello spazio. Il prodotto era tutto sommato dignitoso, prova ne sia che è pure arrivato in Italia sulle reti RAI, il che è tutto dire...
Nello stesso tempo, l’animazione digitale faceva passi da gigante. Dopo il film “Toy Story” della Disney-Pixar, c’era una corsa sempre maggiore all’utilizzo delle nuove tecnologie: e mentre la Disney abbandonava sempre più l’animazione tradizionale, la Dreamworks di Steven Spielberg ne diventava la concorrente più prestigiosa, sfornando prodotti di qualità almeno pari.
E fu così che nacque l’idea di un “remake” digitale di una delle serie classiche del produttore inglese, e la scelta cadde su Captain Scarlet.

Il parto fu abbastanza lento: infatti non c’era solo il problema di trovare un acquirente per la serie, ma anche quello di poter utilizzare il personaggio... perché non era più di proprietà di Anderson.
Se qualcuno ha considerato Gerry Anderson come “il produttore inglese più simile a Walt Disney”, va detto che purtroppo l’abilità negli affari non era equivalente. Dopo la fine di “Spazio:1999”, Anderson aveva avuto un tracollo finanziario, ed era stato costretto a cedere i diritti di tutte le sue “marionation” per la modica (a pensarci oggi) cifra di 20.000 sterline. Quindi i diritti di “Captain Scarlet” erano di proprietà della Granada Ventures.
Comunque, la Granada dette la “luce gialla” e Anderson poté procedere, con l’aiuto del regista David Lane (suo fedelissimo dai tempi delle “marionations”)

alla realizzazione delle prime “animazioni pilota”, mentre la stampa specializzata e i fans trattenevano letteralmente il fiato.
Alla fine la Granada dette il suo benestare, e così nacquero due serie animate di 13 episodi ciascuna. E il risultato è veramente spettacolare. Di per sé, la storia è più o meno la stessa della serie originale, sia pure con qualche variazione: qui infatti Captain Scarlet e Captain Black vanno insieme su Marte (e si intuisce un forte legame di amicizia e fiducia tra i due), e inizialmente è Captain Scarlet il primo “agente” degli alieni mysterons mentre Captain Black risulta morto e viene sepolto in cimitero (nell’originale il primo “mysteronizzato” ad entrare in azione è Captain Brown, mentre sul momento Captain Black viene creduto ancora fedele alla Spectrum).

Solo dopo il fallimento della “missione” di Captain Scarlet (nota generale: al di là del bilancio comunque positivo, va detto che il primo episodio della serie originale era decisamente più ricco di pathos e colpi di scena) i mysterons decidono di “resuscitare” Captain Black, che riemerge dalla terra in una notte buia e tempestosa in perfetto stile zombie...
Anche i personaggi sono più o meno gli stessi, con qualche minima correzione. Oltre a Captain Scarlet c’è sempre il suo collega Captain Blue e il loro superiore, il colonnello White. Destiny Angel, capo della squadriglia dei caccia, è stata ovviamente resa più sexy con grandi occhi azzurri e labbra carnose, il suo ruolo nella serie diviene più importante (nell’originale lei e le colleghe non facevano molto di più che pilotare i caccia quando necessario), e addirittura risulta essere la

“vedova” di Captain Black, con una nascente attrazione per Captain Scarlet (ma ogni volta che lui cerca di baciarla arriva sempre qualcosa a disturbarli...). Il tenente Green ha... cambiato sesso ed è diventato una donna, e stesso destino ha subito Captain Ochre. Infine anche il dottore, che ora si chiama doctor Gold (prima si chiamava doctor Fawn, cioè fulvo) ha un ruolo più importante.
Infine ci sono i veicoli della Spectrum, che nelle produzioni classiche di Gerry Anderson rubavano spesso la scena ai protagonisti. Primo tra tutti il “nuovo SPV”, che ora si chiama Rhino e non ha più il caratteristico posto di guida all’incontrario, cioè con il pilota rivolto verso la coda (Anderson ha sempre dichiarato il suo pentimento per tale scelta, che in fondo era molto insolita e originale). La
tipica auto rossa della Spectrum ora si chiama Cheetah ed è pure in grado di volare. La

base della Spectrum ora ha un design più sofisticato e si chiama “Skybase” invece che “Cloudbase”, mentre i caccia “Angel” sono stati appena ritoccati, a dimostrazione della validità e attualità del lavoro originale di Derek Meddings.
Valide le musiche di Crispin Merrel, che per l’occasione ha anche rielaborato l’originale tema della Spectrum eseguito con i timpani e composto dal suo predecessore storico Barry Gray (che comunque rimane irraggiungibile...).
Detto tutto ciò, tirando le somme il risultato è straordinario.
Di per sé “Captain Scarlet” era un soggetto decisamente valido, il cui unico difetto stava nei limiti di movimento dei pupazzi e, se proprio si vuole essere troppo severi, degli effetti speciali (che peraltro erano eccellenti) con i quali non si poteva fare proprio “tutto” anche per problemi di costi.

Grazie all’animazione digitale tali limiti sono stati superati, e il risultato è un prodotto ricco di azione, con buone storie e visivamente assai gratificante: con il remake di “Captain Scarlet” si può dire che Gerry Anderson è veramente tornato agli antichi splendori.
Inutile dire che si sono ripresentati anche gli antichi problemi: ovvero, risulta sempre difficile stabilire il “target” del telefilm. Essendo un prodotto animato, si penserebbe subito ai ragazzini con meno di 12 anni, ma poi vi sono alcune scene piuttosto violente e quasi crude, tant’è vero che nell’edizione in DVD la prima serie ha il bollino giallo e la seconda il rosso...
Le conseguenze sono immaginabili: i programmisti delle varie reti sono stati incerti su orari e target delle trasmissioni, e l’audience è stata poco
soddisfacen-

te, come già accaduto in passato. Ma ciononostante, la qualità del prodotto non si discute, critica e appassionati del genere hanno tributato il loro plauso. Stessa cosa va proprio detta per i... produttori di modellini: esistono già confezioni in cui vengono abbinati il vecchio SPV con il Rhino, la vecchia Saloon Car con la Cheetah, e le due diverse versioni del caccia Angel, e l’interessamento dei produttori di giocattoli è forse il sintomo più evidente della ritrovata vena di Gerry Anderson.
Il quale ha altri progetti ambiziosi: si parla già di analogo trattamento per “Thunderbirds” e addirittura di un remake di “U.F.O.” (non si sa se in animazione o live-action).
L’unico vero ostacolo è il parere della Granada Ventures, che detiene i diritti... i fans sperano ardentemente.
La serie è chiaramente inedita in Italia.

26 episodi, colore, 30’.

Prima serie

1) Instrument of destruction, part I (Strumento di distruzione, parte I)
2) Instrument of destruction, part II (Strumento di distruzione, parte II)
3) Swarm (Sciame)
4) Rat Trap (Trappola per topi)
5) The homecoming (Ritorno a casa)

6) Mercury falling (La caduta di Mercurio)
7) Circles of doom (I cerchi fatali)
8) Rain of terror (Pioggia di terrore)
9) Skin deep (Sotto pelle)
10) Chiller (Camera mortuaria)
11) Trap for a Rhino (Esca per un Rhino)
12) Heist (Erede)
13) The Achilles messenger (Il messaggero di Achille)

Seconda serie

 

14) Touch of the reaper (Il tocco della morte)
15) Virus (id.)
16) Enigma (id.9
17) Best of enemies (I migliori nemici)
18) Contact (Contatto)
19) Proteus (id.)
20) Syrtis major (Sirte maggiore)
21) Fallen angels (Angeli caduti)
22) The storm at the end of the world (La tempesta ai confini del mondo)
23) Duel (Duello)
24) Shapeshifter (Mutaforma)

25) Dominion (Dominio)
26) Grey skulls (I teschi grigi)






 

 







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